A Gaeta c’è una piazzetta intitolata a Goliarda Sapienza e alla Poesia.
La scrittrice amava la nostra Città dove in tanti la ricordano scrivere guardando il mare
Goliarda Sapienza nasce a Catania nel 1924, ma vive tra Roma e Gaeta il resto dei suoi anni. La cittadina sul mare, che la ricorda molto bene, le ha di recente dedicato una piazzetta nella caratteristica Via dell’ Indipendenza, a pochi passi dall’abitazione dove si è spenta.
Una frase della scrittrice ed un albero dipinto sul muro della piazza, “L’albero della poesia” ricordano a chi passa il suo amore per la Scrittura.
I suoi libri, in verità, sono stati riconosciuti come opere di successo solamente post mortem e solo in questi ultimi anni “L’arte della gioia”, suo capolavoro, ha fatto nascere studi e convegni. L’accademia è impegnata nella revisione delle sue opere per includere il suo nome tra i maggiori della letteratura italiana del Novecento.
Chi scrive, però, ha avuto la fortuna di conoscerla prima come donna e poi come scrittrice. Gaeta, del resto, era per lei come un’isola felice, l’ideale per uscire dal tran tran stressante della vita nella Capitale. Qui si rilassava, si estraniava, su dedicava alla Scrittura.
La mattina Goliarda amava far colazione al Bar Hermes, storico locale di mio padre dove lui l’ha incontrata tante volte.
Fumava stecche intere di sigarette americane e beveva whisky, ecco perché veniva considerata una donna che disturbava il buon costume di quel tempo.
Per lei scrivere significava rubare tempo alla felicità, quel sentimento che riusciva a provare ogni volta che si tuffava in mare dagli scogli a Fontania, la spiaggetta molto conosciuta dai gaetani.
Le piaceva scrivere di fianco al mare: tante le persone che si avvicinavano incuriosite da questa figura così solitaria. Quando, il 21 ottobre 1976, scrisse l’ultima parola de “ L’Arte della Gioia”, si trovava proprio a Gaeta, a casa di Angelo Pellegrino, suo compagno che si è poi occupato della pubblicazione postuma del volume.
In principio le case editrici rifiutavano il manoscritto perché troppo provocatorio per quel tempo. L’immagine di Modesta, la protagonista, era ambigua e lontana dall’idea di ‘donna’ degli anni ’70. Goliarda amava uscire di sera, tra i bar di Gaeta, amava scambiare parole con gli estranei. Le persone rimanevano stupite del fatto che riuscisse a cogliere il lato migliore di chiunque; anche se si fosse trattato di un assassino, lei lo avrebbe ugualmente avvicinato e si sarebbe intrattenuta con lui. Non giudicava e, come ha spiegato bene Angelo Pellegrino, “aveva un trasporto per la verità delle persone, non tanto per i loro fatti quanto per le emozioni; amava capire le loro pulsioni profonde, ignorando volutamente la parte negativa di ognuno”.
Come ho già detto, Goliarda amava tuffarsi: nelle persone come in acqua, nella vita e anche oltre di essa. Si lanciava da venti metri e, in quel tuffo, racchiudeva il suo rapporto con l’infanzia, con la natura. Lo stesso che faceva dagli scogli di Fontania, si ritrova nel le pagine dei suoi scritti. Goliarda riempiva i suoi personaggi di vita, di significato, e poi li faceva schiantare nel mondo sporco. Quel tuffo, insomma, le era necessario per capirla, la vita.
Goliarda era una donna che voleva sporcarsi le mani. E come si fa a capire la realtà se non ci si è mai ritrovati con la sabbia sotto le unghie? “Sapeva parlare con tutti – ha spiegato tante volte Angelo Pellegrino, suo compagno – senza mai cambiare il suo modo abituale di essere, che rimaneva lo stesso per tutte le classi sociali”.
A mio padre confessò che amava il bar Hermes perché si sentiva parte di quell’atmosfera anche se, per scrivere, aveva bisogno di un tavolino vicino al mare. Per questo la si poteva trovare nel locale di Gaeta Medioevale, La Francese. Si sedeva lato mare e rimaneva le ore lì, in solitudine, con la sua bic nera che scorreva veloce sul foglio. Scriveva tutto a mano perché, diceva, che “aveva bisogno di sentire l’emozione nel battito del polso”.
E’ morta in piedi, scendendo le scale della casa di Gaeta: con un infarto il suo cuore ha cessato di battere. Goliarda è morta in piedi, sì, ma inchinandosi sempre dinnanzi alla grandezza della vita.
Visualizzazioni: 2.724a cura di: Claudia Manildo