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Paolo Benvenuti è tornato al Castello di Gaeta dopo 20 anni da “Segreti di Stato”

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L’evento ha aperto la stagione “Unisummer. Movimento Cultura Benessere” del ciclo Le Unicittà 2023, centrato sulla contaminazione tra saperi e competenze, arte e scienza nei luoghi e nei territori sedi dell’Università di Cassino.

Dopo 20 anni dall’uscita del suo film “Segreti di Stato” (girato nel castello di Gaeta), il regista Paolo Benvenuti è tornato sui luoghi delle scene, partecipando a una serata organizzata dall’Università degli Studi di Cassino, il Comune, l’Associazione Tesori dell’Arte. E’ stato il prof. Pasquale Beneduce ad intervistarlo, nel corso di un incontro su “A Gaeta si gira: la città nel cinema”, introdotto dalla prof.ssa Ivana Bruno, delegata del Magnifico Rettore Marco Dell’Isola, cui hanno partecipato in qualità di relatori anche l’ing. Antonio Di Tucci (autore del volume “Gaeta è cinema” (deComporre Edizioni) e Lino Sorabella dell’Associazione Tesori dell’Arte il cui presidente, Maurizio Rata, ha moderato la serata.

“Non sono un regista – ha subito precisato Benvenuti – ma uno che fa ricerca storica e che ha deciso di fare cinema per raggiungere un pubblico più vasto”. Poiché si legge poco, insomma, è possibile divulgare questioni importanti con pellicole piuttosto che con voluminosi saggi storici.

Con “Segreti di Stato”, del resto, l’obiettivo venne centrato poiché, sebbene fosse uscito in sole 60 copie, risultò al nono posto dei film più visti, nella stessa classifica che vedere, ad esempio, al sesto posto, Marco Bellocchio con il suo film diffuso in 260 copie…

“Lo proiettammo contemporaneamente in due sale e c’era la folla”, ha raccontato Benvenuti, sottolineando anche perché poco dopo tanto successo il film “sparì dalla circolazione” e non se ne fece più troppa pubblicità, non risultando gradito al potere e contestato più o meno apertamente.

“Si trattava di un film difficile, ma lo proiettammo finanche nelle scuole medie inferiori siciliane, suscitando l’interesse e l’entusiasmo di docenti e alunni. In provincia di Catania, ad esempio, trascorsi due ore a rispondere alle domande di ragazzi di 12-13 anni. Il tema mi era stato proposto da Danilo Dolci nel 1996 e, sebbene non sapessi molto di quanto accaduto a Portella della Ginestra, dopo aver visto quel pianoro dove avvenne la strage di gente che festeggiava il primo maggio 1947, mi misi a studiare e ricercare tutto ciò che poteva essere utile a capire il perché di quella carneficina che uccise 11 persone e ne ferì gravemente altre 27 mettendo fine alla Prima Repubblica (e la Seconda finirà poi con la strage di Capaci…)”

La ricerca durata molti anni portò Benvenuti fin negli Usa, ai documenti dei Servizi Segreti datati 1943-1950, o a quelli ritrovati nelle cantine del Tribunale di Roma e studiati fin nei minimi particolari.

“Parto dal presupposto che il pubblico è intelligente – ha detto il regista pisano- e mi rivolgo a quanti vedranno il film per mostrare (più che per dimostrare) qualcosa, creando connessioni con la mente del pubblico, vero protagonista del film! Il mio cinema, insomma, pone domande ma non vuole dare risposte! Nel caso di “Segreti di Stato”, quindi, non mostrai la strage, ma posi domande su chi e perché, sulla connessione tra politica e mafia, sul quanto dissero i testimoni oculari e sulle inchieste di polizia, sulla funzione dei depistaggi e sulla storia complessa che c’era dietro la strage stessa… A mio avviso il cinema deve fa immaginare delle possibili verità e allora mostro ipotesi basate su fatti documentati e documentabili lasciando poi che gli spettatori tirino le somme”.

Benvenuti ha poi sottolineato di essere stato innanzitutto un pittore e di aver voluto trasportare la pittura nel cinema considerando quest’ultimo proprio “la pittura del futuro”!

Grande ascendente su di lui lo hanno avuto sia vari Maestri, a cominciare da Rossellini, Orson Welles, Alfred Hitchcock: “un soggetto può essere descritto in vari modi ma solo uno sarà quello giusto, ovverossia quello che potrà dare il maggior numero di informazioni. Il vero cinema è il documentario!”

In quest’ottica, allora, ben si comprende perché venne scelto di girare nel castello di Gaeta un film come “Segreti di Stato”, in luoghi all’epoca ancora integri, curando ogni particolare, usando il dialetto siciliano e altri accorgimenti indispensabili.

Ancora oggi, dopo il restauro di parte del maniero, ancora sono riconoscibili angoli, celle e corridoi del film, come dimostrato dal video proposto da Lino Sorabella e dalla descrizione di scene e aneddoti narrati da Antonio Di Tucci.

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a cura di: S.C.