Le novene della Chiarastella
Le novene della Chiarastella
a cura di Ambrogio Sparagna
In tanti paesi della nostra Penisola e in particolare nel territorio laziale nei nove giorni che precedono il Natale persiste l’antica tradizione di celebrare in casa le novene, con tutta la famiglia raccolta davanti al presepe. Durante queste cerimonie, che possono svolgersi sia al mattino che alla sera, un piccolo gruppo di cantori, accompagnati da un’orchestrina di strumenti tradizionali dove spiccano zampogne e ciaramelle, intonano pastorali, ninne nanne, canti di questua e di buon augurio, alternandoli a storie e orazioni intorno al Mistero del Natale. Le novene si concludono con lo scambio di doni e cose da mangiare in un clima di festa e armonia.
Ai bambini è dedicata molta attenzione. Gran parte dei canti e dei racconti del ciclo natalizio è rappresentato da filastrocche, strofette e ninne nanne che con gioiosità e forza evocativa esprimono tutta la meraviglia e lo stupore per l’evento della nascita di Gesù. Si tratta di canti che nella loro apparente semplicità trasmettono i segni di una profonda e sincera devozione popolare.
E non mancano storie di grande fascino, che suggestionano la fantasia dei piccoli, come quella dell’Usignolo, il cui canto spesso è richiamato nelle musiche del Natale.
Una di queste, ampiamente diffusa nell’area del Golfo di Gaeta e dei Monti Aurunci, racconta che quando il Signore creò gli animali donò a tutti qualche caratteristica particolare come piume dai mille colori e canto melodioso agli uccelli, tranne che all’usignolo. Non era un bel vivere per il povero uccellino rimasto muto e solo. Una notte vide nel cielo un grande bagliore di luce e volò verso quella direzione. Si ritrovò in una grotta dove c’era un bambino avvolto in fasce e scaldato da un bue e un asinello. Gli volò vicino attratto dalla sua bellezza. Il bimbo gli sorrise e l’uccellino cominciò a cantare con una voce straordinaria e tutt’intorno si fece silenzio. Fu così che, grazie a Gesù bambino, l’usignolo ebbe il dono del canto più dolce di tutto il creato. Da allora, la tradizione racconta, che ogni volta si canta al Bambino Gesù, può capitare di sentire il suono dell’uccellino, che torna a ringraziarlo, così come descrivono le parole di questo canto ancora eseguito a Maranola di Formia durante il periodo delle novene.
Dicendo vola vola anima mia
vattenne alla capanna a riposare
E là ci troverai le pastorelle
co’ le zampogne e co’ le pecorelle
E là ci troverai Gesù Bambino
sopra le braccia soje a riposare
Tu sei il figlio suo il gran Signore
Tu sei la gioia del Paradiso
Chi canta e chi fa festa al mio Signore
io pe’ regalo dono il mio cuore
Questa è una delle tante storie cantate che ancora oggi vengono proposte con originale forza espressiva dai tanti giovani musicisti che negli ultimi anni hanno riscoperto la pratica di questi antichi strumenti dando vita ad un rinnovato repertorio che si è arricchito di eleborazioni di canti tradizionali realizzati con passione e profondità interpretative. Si tratta di un fenomeno musicale e sociale di grande interesse che coinvolge un’ampia e variegata generazione di suonatori che nel Lazio è largamente diffusa in molte aree: dai monti Simbruini agli Aurunci, dagli Ausoni alle Mainarde, dai Lepini agli Ernici,etc.
Purtroppo quest’anno a causa della pandemia in corso le novene rischiano di non potersi svolgere. In questo inedito scenario non si potranno più ascoltare il racconto dell’usignolo, così come quello dell’albero del carrubo che con le sue abbondanti fronde nascose la Sacra famiglia in fuga dalla persecuzione di Erode, e tante altre storie tratte da passi dei Vangeli canonici e apocrifi. Ciò nonostante questo “corpus” di canti e antiche narrazioni , grazie alla sua diffusione attraverso la rete, può ancora generare conforto in un periodo segnato da un drammatico disorientamento esistenziale.
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