L’Europa unita contro l’ictus fa appello all’Intelligenza Artificiale per migliorare i trattamenti
È trascorso il primo anno dall’avvio di TRUSTtroke, il progetto europeo finalizzato ad affinare la previsione degli esiti di un ictus e personalizzare il trattamento. I centri partecipanti si riuniranno al Policlinico Gemelli di Roma il 6-7 giugno per discutere dei progressi fatti finora nella messa a punto di una infrastruttura di apprendimento federato, che consentirà di ‘addestrare’ degli algoritmi di Intelligenza Artificiale ad individuare la terapia personalizzata ottimale per un determinato paziente, al fine di migliorare gli esiti di un ictus e di prevenirne le recidive.
Con l’avanzare della digitalizzazione in sanità, la parola d’ordine è diventata sempre più integrare i dati provenienti dalle diverse realtà assistenziali, con un occhio attento però al rispetto della privacy dei pazienti. Raccogliere grandi moli di dati è fondamentale sia per ‘addestrare’ gli algoritmi di Intelligenza Artificiale, che per misurare le proprie performance nella gestione delle diverse fasi dell’ictus, con l’obiettivo di migliorarsi. In ambito sanitario questo significa offrire una miglior qualità di cure e di vita ai pazienti. Ed è proprio questo l’intento di TRUSTroke, un grande progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito di Horizon Europe. Il suo obiettivo è costruire una piattaforma integrata di Intelligenza Artificiale, rispettosa dei dati dei singoli pazienti, con l’intento di migliorare il trattamento e gli esiti dell’ictus ischemico. “Nel corso di questo primo anno di lavori – spiega Pietro Caliandro, Docente di Neurologia presso l’Università Cattolica e Dirigente Medico presso la Stroke Unit del Policlinico Gemelli e Coordinatore del Work Package clinico del progetto – abbiamo messo a punto il cosiddetto ‘approccio federato dei dati attraverso l’Intelligenza Artificiale’ e abbiamo potuto verificare che la piattaforma funziona. Per questa ricerca abbiamo bisogno di una mole di dati enorme; ciò significa che non possiamo attingere solo ai dati di un singolo ospedale, ma è necessario fare “massa critica”, cioè condividere le informazioni provenienti da diversi ospedali. Quando andiamo a valutare i dati di altri ospedali, sorge un problema, ovvero la protezione dei dati sensibili dei singoli pazienti, dati che non possono lasciare l’ospedale dove quel paziente è stato ricoverato”.
Come by-passare questa limitazione, come proteggere i dati sensibili del paziente? E come rendere compatibile questo diritto con la necessità di acquisire la maggior quantità possibile di dati per istruire l’Intelligenza Artificiale? “La risposta – prosegue Caliandro – sta appunto nell’approccio ‘federato’. I dati dei singoli pazienti non lasciano gli ospedali dove il paziente è stato ricoverato, perché l’algoritmo di Intelligenza Artificiale viene applicato localmente, nei singoli ospedali. I dati restano cioè conservati nell’ospedale dove il paziente è stato ricoverato, ma l’algoritmo viene istruito a trasferire le informazioni acquisite su una ‘piattaforma federata’, gestita dal CERN di Ginevra”. L’algoritmo insomma acquisisce informazioni, gestisce il loro trasferimento e consente la generalizzazione dei risultati, senza però trasferire il dato sul quale l’algoritmo è stato ‘addestrato’. “Tutta questa raccolta dati e la loro analisi – prosegue Caliandro – ci darà la possibilità di personalizzare le cure del paziente, andando così a proporre la migliore strategia terapeutica per ottimizzare il risultato clinico, cioè per ottenere la maggior risoluzione possibile del deficit conseguente all’ictus. Questo ha implicazioni sul singolo paziente e su tutta la società, considerato l’elevato numero di ictus che si verificano ogni anno nel nostro Paese e nel resto del mondo. L’estensione di questo approccio personalizzato alla terapia di prevenzione secondaria, ridurrà inoltre la possibilità di recidive”. Un’attenzione particolare sarà riservata in questo progetto alle donne che, se colpite da un ictus, hanno in genere esiti peggiori degli uomini. “Con questo progetto vorremmo arrivare a colmare questo gap – spiega Caliandro – a superare questo svantaggio.
L’esito dell’ictus dipende da una serie di concause; noi miriamo a personalizzare il percorso di cura, prendendo in considerazione tutte queste variabili””. Oltre a Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, gli altri centri ospedalieri coinvolti nel progetto sono l’Ospedale Universitario Vall D’Hebron di Barcellona, l’Università Cattolica di Lovanio, il Policlinico Universitario di Ljubljana. Il Gemelli coordina l’attività clinica, dall’organizzazione alla realizzazione degli studi clinici, e con gli altri centri ospedalieri si interfaccia con i partner tecnici per gli aspetti tecnologici (CERN, Politecnico di Milano, CNR, Eatris, Fundació Eurecat, Nacar, Nora Health, Jozef Stefan Institute) e sociali (SAFE). TRUSTroke ha una durata di tre anni ed è interamente finanziato dalla Comunità Europea, con oltre 6 milioni di euro. Secondo dati del Ministero della Salute, ogni anno si registrano in Italia circa 90 mila ricoveri per ictus (il 20% dei quali sono recidive), che rappresenta la prima causa di disabilità e la seconda causa di morte nel nostro Paese (dopo l’infarto). L’ictus, infatti, è responsabile del 9-10% di tutti i decessi, circa il 20-30% delle persone colpite muore entro un mese dall’evento, il 40-50% entro il primo anno. Solo 1 paziente su 4 guarisce completamente; 3 su 4 di quelli che sopravvivono presenteranno qualche forma di disabilità, la metà in forma così grave da perdere l’autosufficienza.
Visualizzazioni: 147a cura di: Maria Rita Montebelli