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Presepe Napoletano nella Basilica Cattedrale di Gaeta

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Gaeta, 17 Dicembre 2018 Dall’8 dicembre al 6 gennaio 2019 è possibile ammirare lo splendido Presepe Napoletano esposto da un cittadino della Città di Gaeta, presso la stupenda Basilica Cattedrale di Gaeta !

“Tutto questo è rappresentato in piccolo con figure fatte ed abbigliate con perfetta verità e naturalezza … Tale spettacolo, … a Napoli, … diventa degno dell’ attenzione dell’artista. … Un pò di muschio, della cartapesta, dei pezzi di sughero e dei rami d’albero sono più o meno le parti che costituiscono lo sfondo dello spettacolo. Le decorazioni, gli accessori vi sono distribuiti, raggruppati con un’arte, e si può dire con una magia, che supera ogni descrizione o immaginazione … l’insieme provoca un’eccezionale illusione”.

Jean Claude Richard, Abbé de Saint Non

La rappresentazione della nascita di Gesù, a Napoli nel Settecento, è un vero e proprio evento di costume, sinonimo di ricchezza e prestigio. Le figure presepiali, realizzate in legno scolpito, terracotta policroma, filo di ferro, stoppa, stoffa e seta, possono assumere innumerevoli pose. I moltissimi finimenti rendono le scene molto più realistiche, in una felice convivenza tra sacro e profano.

La devozione religiosa viene rappresentata attraverso il mistero o scena della Natività, deve, sulle rovine di un antico tempio classico, troviamo il Bambino Gesù in una mangiatoia, riscaldato da un asino e un bue, vegliato dalla regale Madonna e dal maturo Giuseppe con il bastone fiorito. La scena della nascita di Gesù si completa con angeli, puttini e cherubini che, attraverso un cartiglio, annunciano Gloria in Excelsis. Avanti al bambino si scorgono una serie di doni dei pastori. Dietro il Tempio è il pozzo, enigmatico riferimento all’acqua e al battesimo.

Adiacenti al mistero, oltre lo zampognaro, sono i re magi, di tre razze (bianca, asiatica e africana), delle tre età dell’uomo: Gaspare, il vecchio europeo con il dono dell’oro, simbolo di regalità; Melchiorre, re dei persiani, di mezza età, con la mirra, emblema del valore salvifico di Gesù; Baldassarre, il giovane nero, con l’incenso, omaggio alla natura  divina del nascituro. Il cavallo nero simboleggia la notte (gli altri magi ne usano uno bianco e uno rosso, in riferimento all’alba e al mezzogiorno). L’atmosfera popolare è sottolineata dai vari animali presenti.

Nei pressi del mistero vaga la vergine Stefania, la quale, sebbene desiderosa di vedere il bambino Gesù, viene respinta dagli angeli, in quanto non sposata, né madre. Lei avvolge in fasce una pietra e si accosta alla Vergine Maria: in quel momento la pietra starnutisce e nasce Stefano che sarà il primo martire di Cristo.

Alla povertà del mistero si contrappone, sulla destra, il variegato gruppo degli orientali, al seguito dei magi. Tra questi figura il dromedario con il suo levantino, un’ampia banda musicale, diretta dal metherbasi e una tenda – mercato degli orientali con un servitore nano e gobbo (uno degli immancabili deformi). Gli orientali vengono introdotti dopo il 1741 quando un’ambasciata turca sfila per Napoli.

Altro simbolo di opulenza al seguito dei magi, è la donna georgiana di alto lignaggio, in portatina, assistita da due neri, posta dietro al tempio.

L’ acquaiuola e le colonne ottagonali rivestite di maiolica sono altri riferimenti alla città di Napoli; così come il monaco: uno spirito spesso demoniaco ma anche benigno protagonista di leggende e storie che possono essere “puruficate” dal fuoco e dal braciere.

Sulla sinistra, il mercato dei commestibili rappresenta lo scorrere dei mesi dell’anno: i salumi, gennaio; le ricotte e i formaggi, febbraio; il pollame, marzo; le uova, aprile; i pomodori, luglio; i meloni, agosto; il vino, ottobre; il pesce, dicembre. Nel mercato è presente il mendicante, che rappresenta i morti (le anime “pezzentelle” che chiedono suffragi). I bambini spesso sono gli umili e i reietti, come nel caso del sciuscià (lustrascarpe): le offerte ai figli di nessuno rappresentano le libagioni per i defunti.

Il pastore con le pecore, memore dell’annuncio ricevuto dall’angelo, rappresenta i poveri, destinatari privilegiati della buona novella. Tra i pastori si distingue il dormiente Benino, simbolo del risveglio, cioè la nascita a nuova vita e l’inizio di una nuova era.

Completa il quadro la taverna con la sua quantità di oggetti e libagioni sparse nei dintorni, a partire dalla botte di vino con la testa di maiale sopra, fino al tavolo dove pranzano gli indifferenti, sotto gli occhi dell’enigmatico e sinistro oste. Accanto alla taverna è l’ubriaco Ciccibacco, mitologico riferimento a Dionisio e alla fine dei miti pagani a seguito della venuta di Gesù.

Fonte del testo: I Tesori dell’Arte

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a cura di: Redazione