Primo paziente trattato con terapia genica sperimentale contro la maculopatia umida correlata all’età
È stato il professor Stanislao Rizzo ad iniettare ad un paziente di 60 anni il farmaco sperimentale ABBV-RGX-314, attualmente al vaglio di uno studio di fase 3 internazionale partito negli Usa ed approdato di recente il Europa. L’Italia è stato il secondo Paese dopo la Francia ad utilizzare questa terapia genica ‘salva-vista’, che ‘insegna’ alle cellule del paziente a produrre proteine anti-VEGF, che impediscono la formazione incontrollata dei neo-vasi, responsabili di questa grave forma di retinopatia.
Arruolato al Gemelli il primo paziente italiano coinvolto in uno studio di fase 3 che valuta la terapia genica sperimentale ABBV-RGX-314 per la degenerazione maculare umida legata all’età, un’importante causa di perdita della vista. Il trattamento è stato somministrato ad un paziente di 60 anni dal professor Stanislao Rizzo, Ordinario di Malattie dell’apparato visivo all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della UOC di Oculistica di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “La degenerazione maculare correlata all’età – ha spiegato il professor Rizzo, a margine del congresso internazionale FLORetina ICOOR 2024, in corso a Firenze – interessa almeno un milione di italiani (il 2% della popolazione) e compromette la visione centrale, distorcendo le immagini al centro del campo visivo e riducendo la percezione dei colori. Per questo la maculopatia è una patologia in grado di compromettere la qualità di vita delle persone in maniera significativa. La sua incidenza, già elevata, è in aumento per l’invecchiamento della popolazione e rappresenta la principale causa di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni nei Paesi occidentali; ecco perché viene considerata una patologia sociale. Ne esistono due forme: quella ‘secca’, che rappresenta l’85% del totale, determina una lenta perdita della visione centrale; quella ‘umida’ o essudativa (15% del totale) può al contrario manifestarsi improvvisamente con sintomi che tendono ad aggravarsi rapidamente. La forma essudativa è causata dalla formazione incontrollata di nuovi vasi ‘difettosi’ negli strati sotto la retina; da questi possono fuoriuscire liquidi o sanguinare in caso di rottura e questo determina la formazione di ‘cicatrici’ a livello della macula e quindi un danno irreversibile”. Da anni questa forma viene trattata con farmaci inibitori del VEGF, (il VEGF è un fattore di crescita che promuove la formazione dei neo-vasi retinici), iniettati nell’occhio una volta al mese e teoricamente per tutta la vita. Ma questo rappresenta un notevole aggravio sia per il paziente e i suoi care giver, che per le organizzazioni sanitarie. Ecco perché la ricerca è andata avanti a cercare nuove soluzioni più patient-friendly. E l’ultima frontiera è rappresentata proprio dalla terapia genica sperimentale con. “In questo caso – spiega il professor Rizzo – un vettore virale viene ‘caricato’ di un gene, che trasmette alle cellule della retina le istruzioni per l’uso per produrre speciali proteine anti-VEGF. Le cellule del paziente insomma, grazie alla terapia genica, sono in grado di produrre da sole le proteine anti-VEGF, cioè la terapia che fino ad oggi era necessario iniettare nell’occhio a cadenza mensile. ABBV-RGX-314 viene iniettato nello spazio sotto-retinico, in anestesia locale, in sala operatoria”. La sua grande promessa è quella di mantenere la vista senza dover sottoporre il paziente a continue iniezioni intravitreali, alleggerendo anche il carico per i centri di oculistica. Ma questo si vedrà alla fine della sperimentazione in corso, avviata negli Usa e adesso estesa a diversi Paesi europei, come l’Italia, che ha arruolato il secondo paziente europeo dopo la Francia.
Visualizzazioni: 193a cura di: Maria Rita Montebelli