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SEGNO ROSSO, versi contro la violenza sulle Donne

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In occasione del 25 Novembre,  Giornata di sensibilizzazione e risveglio socio/culturale contro la violenza sulle Donne, l’Associazione e le Edizioni deComporre hanno voluto partecipare pubblicando sui propri canali social, significativi versi di poetesse di varie età e provenienze che hanno prontamente abbracciato l’idea di Rita Nappi, autrice e promotrice culturale di Napoli.

La pelle non dimentica

La tua pelle non dimentica
l’odore nauseabondo
del sudore ormonale,
della carne marcia, viscida, sporca,
ti è penetrato attraverso i pori,
raggiunto la tua casta purezza,
schiacciato l’anima candida,
distrutto i tuoi pensieri,
violenza, sì violenza
degna di un essere privo
di materia grigia, cervello
simbolo dell’umana essenza.
La pelle, ti brucia,
lacerata, squarciata,
essere spregevole, inumano
ha consumato brutalità,
tu lasciata a soggiacere inerme
su di un cespuglio di foglie secche,
aride, come arido è l’amore
della violenza usata quella
notte stellata di novilunio,
all’alba del tramonto,
di un nuovo giorno,
che non sarà più sereno.
La pelle non dimentica.

Carla Abenante

Alzati donna!

Riprendi la tua forza obliata insieme ai tuoi valori,
un macigno di colpe ti ha schiacciata,
lanciato da un Polifemo senza scrupoli,
gocce di lacrime in un fiume rosso.
Alzati donna!
scruta lontano,
campi di azalee invadono gli occhi,
mani tese attraversano il buio,
un sorriso si libera nel cielo.
Alzati donna, non sei sola!

Mariarosa Carotenuto

Distesa. Non sanguino più.

Una luce improvvisa mi solleva e mi distacca.
Rivedo e abbandono ma identica è la paura.
Sono in piedi, ormai: la roccia non gela e non riscalda.
Mi scopro coperta di nero:
oltre il cielo i colori diventano oro e bianco.
Non sento che pace.
E non ho più voglia di voltarmi a cercare il tuo cuore assassino.

Sandra Cervone

25 novembre

Ho perso il conto
e pure le lacrime,
la rabbia no,
resta quella,
prepotente,
che chiede giustizia,
ma soprattutto educazione,
affettiva, sessuale
e un’informazione leale.

Riscriviamo un alfabeto
che sia femminista,
perché il secondo sesso
non sia più debole e martoriato,
non sia più picchiato, maltrattato
e ammazzato, perché non sia più
merce, oggetto, proprietà
né un nome su una lapide
o un numero di una statistica.

Non leggo più i dati –
Sono troppi;
Ascolto ancora i nomi –
Da ogni città e Stato;
Non guardo più le sentenze –
A volte il carnefice sceglie la morte;
Non aspetto più il commento dei politici –
Sbagliano sempre le parole;
È un sistema degenere, marcio.

Ridateci la libertà e la fiducia
di camminare da sole per strada
senza guardarci intorno,
con le chiavi in una mano
e lo spray al peperoncino nell’altra,
con l’ansia di un’aggressione o peggio,
con il timore di non essere credute
o di essere noi la causa, le colpevoli,
provocatrici, troie e poco di buono.

Perché una donna non se le cerca,
ma l’uomo la trova sempre,
perché le denunce non bastano
e quei bravi ragazzi che le amavano
troppo, le picchiano troppo,
perché non sappiamo ancora
cos’è il consenso e la libertà,
perché pure noi donne giudichiamo
senza sapere e senza pensare.

Che sia oggi, adesso, l’ultima volta,
che si smetta di contare, di piangere
e urlare, di scavare e seppellire,
di condannare e giustificare,
che ci siano meno fiori e più celle libere.

Roberta Ciccarelli

1522

Ti capiterà un giorno di essere corteggiata nel giardino della Tracia da una lunghissima filippica
e io nel coagulo dei miei sentimenti con gli occhi umidi raccolgo i tuoi sbalzi d’umore in una tazza.
Sotto l’occhio impudico di una luna nera avrei voluto corteggiare l’aria come un mendicante che all’alba apre umilmente l’ombrello di una rosea promessa d’amore,
invece di abbracciare in un cappotto zuppo d’incomprensioni
un ramoscello omicida che oscilla tra l’incudine e il martello.
Autorizzo con una sinalefe di sguardi
il cavaliere inesistente a sghembare il mio baricentro solare
nell’ala di morte
quando un’altra farfalla sarà caduta nella trappola.
Una lama di luce appena sbocciata morde lo schianto della nostra favola.
È il tempo del mio supplizio:
volto tumefatto nell’andirivieni di una preda
pugni e lividi di papavero
e annego con la veste di una damigella di nozze
in un mare rosso
consapevole di essere
bugiarda
fagocitando foglie di una dolce violenza,
con le gambe e i polpastrelli anneriti dalla combustione di uno squillo anonimo e quotidiano.
Vorrei una rivincita a questa mattanza
non ho più orecchie per sentire un silenzio assordante che scaccia la mia paura di inerzia
come un naufrago che tenta di ricucire le tasche vuote del suo disamore identitario.
Eppure tante volte dal mio buio mi sono sentita riavere,
un boccone di amore criminale è il respiro di un bimbo rupestre che non facevo in tempo ad esorcizzare sul foglio agonizzante della mia solitudine.
Un ghigno feroce mi scherniva alle spalle
sbriciolando in molliche di polvere l’azzurro della mia anima.
Sei un cucciolo d’acqua non so se saprai ritornare nella tua nuova casa amica, laddove
non avrai bisogno più di deporre le armi poiché la speranza è di trovare l’odore di un pane buono.
Intanto sussurro
Ciao al mio cielo
la serafica poesia di due cifre numeriche
in seno ad un proscenio: 1522

Francesca Di Fusco

Una calla

Sei nata dalle lacrime di donna
nella tua bellezza raccogli il seme.
Nel biancore nascondi
il divenire lento del tempo.

Vidi il vento accarezzarti
nel cielo una sola rondine.
Io mi incantai e per pochi istanti
piansi.

Lia Manzi

Tempo di morte

“Uno-Due-Tre- TOC
Uno-Due… – TO
Un… – T

La tua morte
ha inceppato il Tempo
TOC-

Luciana Mastrangelo

Donna

No, io non sono la costola di Adamo
Né copro il mio capo per sottomissione
Il velo non mi appartiene:
Io non sono cosa, ma chi.

Io ho mangiato la mela
E son diventata puttana
Dell’umanità intera
Mente il mondo mi puniva
Le mie preghiere ardevano
Insieme alla carne e ai capelli rossi

Io ho pietrificato soldati abusanti
E la mia testa divenne trofeo
Alcune come me si son ribellate agli ordini
Ed hanno trovato un tribunale penitente

No, io non sono schiava,
Geisha o moglie,
Il mio sesso non è gentile,
Io presto, se voglio, il mio corpo,
Con le mie parole discrete.

Io ho partorito il Messia
Il bene supremo adorato;
Ho dato luce alla terra
E aria al creato
Il mio seno sfama l’universo.

Io sono donna
Anche quando perdonando
Chiudo gli occhi per l’ultima volta

Io sono donna
Come colei che ti ha generato
Come colei che ti ha amato
Come colei che ti ha salvato,
Da te stesso e dal tuo Dio.

Rita Nappi

Mi guardavi per indagare

Mi parlavi per chiedere
Mi toccavi per picchiare
Nei tuoi occhi solo odio.
Mi sentivo sola.
Non mi sentivo amata
Non mi sentivo donna
Pensavo fosse amore puro
ma era solo fumo nero.
Nero come il mondo
nero come i vestiti
che indossavo
nero….come i miei occhi.
Dolce amore con baci amari
Oggi eccomi:
Non puoi guardarmi per indagare
Non puoi più chiedere
Non puoi più picchiare,
Non sono sola
Mi sento amata
Sono Donna
Non sono più strumento del fumo da amore travestito
ma un dipinto immacolato
protetto ed amato.

Dorjstella Rinaldi

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