Un’Ora Solare gelata con Amelio Mazzella su TV2000
Il Presepe di Ghiaccio più grande d’Italia a Gaeta fino al 14 gennaio 2024
Inaugurato, a Gaeta, il Presepio Marinaro animato dell’Associazione Culturale “Gaeta e il Mare”
Inaugurata l'8ª edizione del Villaggio Incantato di Babbo Natale a Gaeta
Balletto natalizio ispirato a
Carlo Bernari, una cerimonia per celebrare la sua figura di artista e di uomo
Il Sindaco Leccese accoglie in comune una scolaresca di Frontignan, comune gemellato con Gaeta
Il nuovo Palasport di Via Venezia diventa realtà!
Gaeta in salute. Sanità e territorio, una sinergia indispensabile. Breast Unit: una sanità al femminile
Porte aperte a Santa Lucia!
Al via la VIII edizione del Festivaldeigiovani® - Studenti da tutt'Italia per confrontarsi sul presente e sul futuro
A Gaeta arriva EasyPark: l’app per la sosta più diffusa in Italia
  • 1
  • 2
  • 3

Trigesimo di Padre L’Imperio. Una Messa in San Paolo il 3 agosto

Condividi

Una messa di suffragio per il trigesimo della morte di Padre Adolfo L’Imperio, missionario del PIME, si terrà martedì 3 agosto alle 19 presso la Parrocchia di S. Paolo, Gaeta: Saranno presenti e concelebranti anche i padri della Montagna Spaccata. Continua inoltre il progetto “Sostegno allo Studio”, voluto da padre Adolfo qualche anno fa e che ha già permesso ad oltre duemila studenti di continuare i loro studi. Per aderire basta contattare Bruno Guizzi o i Padri del Pime (Montagna Spaccata) ed indicare che l’offerta va “in memoria di padre Adolfo L’Imperio – Sostegno allo studio”. Proprio l’ing. Guizzi, grande amico del missionario scomparso, è in contatto con il vescovo di Dinjapur, in Bamgladesh, Mons. Sebastian Tudu, che “ringrazia tutti coloro che contribuiscono al progetto e che continueranno a farlo”.

Piace intanto pubblicare un ricordo di padre Adolfo scritto da padre Franco Cagnasso, già Superiore del PIME

Adolfo! Gli piaceva scherzare, e sorprendere. Un attrezzo elettronico nuovo, un giocattolo strano, una notizia inedita… Una volta (e non da giovanotto, ma quando aveva ormai circa 70 anni…) si vestì con cappellino bianco, barba e palandrana tipica degli anziani devoti musulmani e girò a lungo nella missione di Suihari – dove tutti lo conoscevano  – senza che alcuno lo riconoscesse… Dell’ultima sorpresa che ci ha fatta parlerò con lui appena mi sarà possibile andare alla cappella del “lebbrosario” che si trova nella missione di Dhanjuri (diocesi di Dinajpur). Infatti…

Adolfo L’Imperio ci ha lasciati serenamente a 91 anni di età il 3 luglio scorso, nella casa del PIME a Lecco, dove in breve tempo aveva seminato un po’ del suo buon umore vivace, delle sue battute. Tutti noi che lo conoscevamo bene abbiamo commentato con rammarico: desiderava tanto morire ed essere sepolto in Bangladesh, e invece… Invece niente: chissà come gli è venuto in mente, ha organizzato tutto perché – dopo la morte – il corpo venisse cremato, e le ceneri portate a Dhanjuri, dove lui aveva iniziato il suo impegno di giovane missionario, dove era tornato poi per prendersi cura degli ammalati. E ora sono là, nella cappella del lebbrosario. Nessuno l’aveva immaginato, ma lui ce l’ha fatta.

Ci eravamo conosciuti nel seminario teologico del PIME a Milano nel 1965. Dopo due anni lui, più anziano di me di 13 anni, fu ordinato e partì per il Pakistan Orientale. Visse l’esperienza dura della guerra che segnò la nascita del Bangladesh, e del dopoguerra di miseria e fame, coinvolgendosi con tutte le energie nel programmare e realizzare progetti di aiuto, sviluppo, rilancio, in collaborazione con missionari di altri istituti, Mani Tese, organismi internazionali, partecipando alla fondazione della Caritas nazionale.

Ci ritrovammo in Bangladesh, nel 1978. Io venivo dall’Italia: studio, animazione, formazione, “teorie”… un altro mondo. Adolfo, da bravo “fratello maggiore”, mi comunicò subito un’esperienza fondamentale, e mi disse: “Tu non hai conosciuto p. Sozzi, il “guru” che mi ha introdotto alla missione in questo paese; ti passo ciò che ho ricevuto da lui. Mi ha insegnato la spiritualità senza fronzoli, da vivere qui. ‘Se non preghi – mi diceva – puoi essere molto indaffarato e anche soddisfatto di te stesso per tutta la vita, ma batti l’aria; e se davvero vuoi pregare, non girare attorno al problema: alzati la mattina presto, prestissimo; altrimenti non troverai mai il tempo.” Presto… quanto? Quanto occorre, prima di ogni altra cosa. Così aveva fatto p. Sozzi, così fece p. Adolfo, fino all’ultimo.

Per lui il passaggio alla vita di “pensionato” non fu facile. Più volte mi disse che si sentiva inutile, che non voleva mangiare  pane a ufo… ma seppe superare la crisi: si diede un orario per distribuire bene riposo, letture, meditazione (al suo posto in cappella non mancò mai “Jesus Caritas”), e anche se avrebbe potuto dire: “ho tanto tempo, me la prendo comoda”, rimase fedele al principio della preghiera prima di tutto (beh, no: prima di tutto il caffè e due biscotti possibilmente al cioccolato, di cui andava matto…). Alcune attività le continuò quasi fino all’ultimo giorno, specialmente con e per i giovani. Aveva sempre avuto un debole per ragazzi e giovani; anche a novant’anni di età gli piaceva renderli contenti: con caramelle e piccoli regali, ma anche e soprattutto leggendo e commentando con loro il Vangelo, la sorgente – credo – della serenità che era in lui e che voleva comunicare con ogni mezzo possibile… caramelle comprese.

Non so quanti edifici in Bangladesh siano stati disegnati o riadattati da lui: chiese, scuole, case di comunità, dispensari medici, ostelli, uffici, anche la nunziatura… No, non era ingegnere né architetto. Aveva frequentato L’Istituto Nautico di Gaeta, la sua città. Poi aveva lavorato come geometra, prima di entrare nel seminario del PIME dopo dieci anni di servizio alla diocesi come presidente di Azione Cattolica, a  33 anni di età.

In seguito, in Bangladesh, aveva sfoderato le sue doti.

Partiva “alla grande”, di solito. Se c’era da affrontare un problema, o preparare un progetto, durante i nostri incontri comunitari sapevamo che prima o poi avrebbe detto la sua: “Bisognerebbe fare un’inchiesta”. Oppure, come variante: “Bisognerebbe fare uno studio”. Lo prendevamo in giro per questo, e lui insisteva: le cose si fanno bene, oppure… oppure si fanno come possiamo, perché poi quando la faccenda si faceva urgente, Adolfo partiva anche senza statistiche, studi e inchieste, e cercava di risolverla. Ovviamente, prendeva pure le sue cantonate, ma non ci faceva troppo caso: il bilancio, alla fine, risultava quasi sempre positivo. Il suo fiore all’occhiello? Direi il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, costruito in occasione del giubileo del 2000 a Dinajpur. Bello, e diventato ancora più bello con i successivi ritocchi di Fratel Caserini e di P. Baio. È il suo “inno” alla Madonna, verso cui aveva una devozione non ostentata, sobria ma viva.

Per quattro anni fu superiore regionale del PIME in Bangladesh. Negli anni settanta-ottanta tenere insieme la squadra PIME era impresa ciclopica. Fece fatica, ma sopravvisse, ed ebbe pure il coraggio di commentare, in assemblea, dicendosi grato ai numerosi confratelli lo avevano costretto a “ridimensionarsi”, a praticare una “leadership” umile.

Non era mai stato uomo da “mofussol”, come diciamo qui, cioè da pastorale rurale, con visite ai villaggi, tempo trascorso nelle case della gente… ma apprezzava anche questo aspetto della missione, cui lo aveva introdotto p. Enrico Viganò, parroco a Dhanjuri, luogo a cui Adolfo rimase affezionato specialmente per la presenza là del lebbrosario che dava rifugio a tanti ammalati.

Fu economo generale del PIME, rettore di seminario, direttore della scuola e dell’ostello St. Philip, amministratore della diocesi di  Dinajpur dove ebbe la piena fiducia del Vescovo mons. Michael Rozario: si conoscevano bene, anche nei difetti, e si stimavano molto.

Mentre era rettore conobbe Soraya, una pittrice bengalese, musulmana, a cui chiese di dipingere la via crucis del seminario. L’artista meditò profondamente ogni stazione e ne nacque un lavoro bello, toccante. P. Adolfo ne fece pure un libretto dove riprodusse i quadri per illustrare il testo della via crucis. Di idee ne aveva tante, la realizzazione era qualche volta affrettata e perciò imprecisa, ma con queste iniziative tentava di aprire piste nuove, attente alle realtà locali.

Amava molto Gaeta, dove tanti lo stimavano e ricambiavano il suo affetto. I suoi legami di amicizia erano numerosi, un altro volto della sua vocazione missionaria. Da essi ebbe origine anche “Banglanews”: opera di suoi amici che volevano informare sulle attività di P. Adolfo e far circolare le sue lettere; gradualmente allargò i suoi orizzonti dando spazio ad altri missionari del PIME in Bangladesh, poi sconfinando dal PIME e dal Bangladesh, fino ad essere, come è oggi (ha raggiunto il numero mille!), una “enciclopedia settimanale” dell’informazione universale fatta con spirito missionario.

*Attualmente la newsletter raggiunge ben 8000 lettori. Inoltre è sempre attivo il progetto “Sostegno allo Studio” fortemente voluto da Adolfo e che ha permesso a qualche migliaio di studenti di andare avanti per un futuro migliore, per eventuali informazioni rivolgersi in parrocchia.

Avrò con me tanti ricordi durante la mia sosta accanto alle ceneri di Adolfo, gli farò le mie congratulazioni: “Anche questa volta ce l’hai fatta a sorprenderci, hai trovato la strada per cavartela con una soluzione inedita per il PIME…”. E ringrazierò il Signore con il pensiero espresso da p. Zè (Giuseppe Fumagalli), che lo ha conosciuto vivendo in comunità con lui negli ultimi tempi, a Lecco: “Sapevo poco di P. Adolfo, ma mi sono trovato subito bene con lui. Davvero una persona che ti fa sentire vicino e a tuo agio: credo sia il profumo della carità che, in definitiva, è il ‘bonus odor Christi’ di cui Paolo parla ai cristiani di Corinto. Un bellissimo dono che Dio ci ha fatto gustare in p. Adolfo. Deo Gratias.” 

Franco Cagnasso 29 luglio 2021

Visualizzazioni: 662