Tumore della cervice uterina: il Policlinico Gemelli alla guida di uno studio mondiale sull’uso dell’immunoterapia
E’ stato appena varato il trial ENGOT CX11 che esplorerà le performance del pembrolizumab (un immunoterapico) in aggiunta alla radiochemioterapia tradizionale su circa un migliaio di pazienti affette da carcinoma della cervice uterina arruolate presso 220 centri in tutto il mondo, sotto il coordinamento del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. Lo studio, ideato dalla professoressa Domenica Lorusso, che ne è anche il principal investigator, darà i primi risultati tra 3 anni. I ricercatori del Gemelli rivolgono un appello a tutte le donne affette da questo tumore perché prendano parte a questa ricerca che potrebbe cambiare lo standard di cura per questa malattia, sempre lo stesso da almeno 15 anni a questa parte. L’immunoterapia potrebbe risultare vincente in questo contesto perché il tumore della cervice è causato dal papillomavirus, un’infezione che attrae molte cellule immunitarie (linfociti) che potrebbero dunque essere utilizzate per combattere le cellule tumorali.
E’ uno di quei tumori destinati probabilmente un giorno a scomparire grazie alla vaccinazione anti-HPV (papilloma virus umano), ma per il momento il cancro della cervice continua a colpire circa 2.700 donne ogni anno in Italia ed è al quarto posto come incidenza tra le neoplasie femminili al di sotto dei 50 anni. Nel mondo è al secondo posto tra le neoplasie femminili, dopo il tumore della mammella e fa registrare 500mila nuove diagnosi l’anno. Si stima che siano circa 57 mila le donne che vivono al momento con questa neoplasia in Italia. La sopravvivenza a 5 anni è complessivamente del 68% (quella del I stadio è intorno all’85%; se c’è interessamento dei linfonodi questa scende al 65-70%; per il III e IV stadio la sopravvivenza a 5 anni è del 25%). Nel 2016 sono stati 506 i decessi dovuti a questo tumore nel nostro Paese.
L’infezione da HPV, trasmessa per via sessuale, è la causa necessaria per sviluppare la malattia. La diagnosi precoce attraverso il Pap test o il test HPV rappresenta l’arma di prevenzione più efficace contro questo tumore. “Il cancro della cervice uterina – spiega la professoressa Domenica Lorusso, associato di Ostetricia e ginecologia all’Università Cattolica, campus di Roma, Responsabile della Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e principal investigator dello studio ENGOT-cx11- è uno di quei tumoriper cui lo screening è fondamentale. Oggi abbiamo a disposizione sia la prevenzione primaria con la vaccinazione anti-HPV, sia la prevenzione secondaria con lo screening, ma siamo ancora lontani dallo sconfiggerlo perché ci sono molti casi di ritorno con i flussi migratori che portano da noi pazienti provenienti da continenti dove la malattia non viene screenata e dove non ci sono vaccini”. Attualmente l’85% dei casi di cancro della cervice e l’87% delle morti per questo tumore si registra nei Paesi in via di sviluppo.
Terapia del tumore della cervice: sempre la stessa da almeno 15 anni. L’immunoterapia sarà un game changer?
Le opzioni terapeutiche per questo tumore sono purtroppo sempre le stesse da almeno 15 anni. Intervento chirurgico, radiochemioterapia e in qualche caso il ricorso a farmaci antiangiogenici come il bevacizumab.Alcuni studi recenti di fase II hanno però suggerito che un aiuto importante potrebbe venire dall’ultima nata dei trattamentianti-tumorali, l’immunoterapia.
“Alcuni piccoli studi condotti nelle forme avanzata di malattia – spiega la professoressa Lorusso hanno registrato un tasso di risposta intorno al 20% sia con il pembrolizumab, che con il nivolumab. Ci sono dunque dei segnali di attività dell’immunoterapia nel tumore della cervice. Il razionale di utilizzarlo in combinazione con la radioterapia è che la radioterapia funzionerebbe da primer, aumentando le possibilità di risposta del tumore all’immunoterapia. Nel tumore del polmone la combinazione radioterapia-immunoterapia ha dimostrato di funzionare molto bene (come nello studio PACIFIC); e dunque partendo da questa esperienza, abbiamo deciso di testarla anche nella cervice”.
Il livello di espressione del biomarcatore PD-L1, utilizzato in alcuni tumori come criterio di indicazione al trattamento immunoterapico, nello studio ENGOT CX11 non verrà usato come criterio di inclusione, ma come criterio di stratificazione del rischio.
“Le pazienti faranno la radiochemioterapia per 5 settimane (al Gemelli le terapie verranno effettuate presso il Day Hospital di Radiochemioterapia diretto dal Professor Vincenzo Valentini e presso il Centro di Farmacologia Clinica di Genere diretta dal Professor Giovanni Scambia); quelle assegnate al gruppo di trattamento con il pembrolizumab riceveranno il farmaco ogni 3 settimane in aggiunta alla radiochemioterapia; poi proseguiranno il trattamento con pembrolizumab ogni 6 settimane nella fase di mantenimento, fino ad un massimo di due anni, visto che l’80% delle recidive compare entro i primi due anni.
Lo studio ENGOT CX11, condotto nell’ambito del gruppo ENGOT (European Network for Gynaecological Oncological Trial) a livello europeo e MITO (Multicenter Italian Trials in Ovarian cancer and gynecologic malignancies) in Italia, andrà a valutare non solo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) ma anche la sopravvivenza complessiva (OS). La speranza – conclude la professoressa Lorusso è quella di riuscire a cambiare uno standard di terapia, in piedi da 15 anni”.
“Accogliamo con piacere il lancio di questo importante studio – afferma Annamaria Mancuso, presidente di ‘Salute Donna Onlus’ – che vede protagonista la ricerca italiana a favore delle donne di tutto il mondo. Ci auguriamo davvero che da questa ricerca scaturisca una nuova opportunità di trattamento per un tumore, come quello della cervice, per il quale non ci sono state novità in campo terapeutico da molti anni”.
“L’immunoterapia ha portato grandi novità terapeutiche in diverse forme tumorali – afferma Nicoletta Cerana, presidente di Acto, l’unica rete italiana di associazioni pazienti dedicata al tumore ovarico e ai tumori ginecologici – e noi seguiamo con molta attenzione il trasferimento di queste conoscenze ai tumori ginecologici e soprattutto al tumore della cervice uterina, sperando che le ricerche farmacologiche in corso possano accelerare l’arrivo di nuove terapie che aspettiamo da oltre 15 anni. Invitiamo quindi tutte le donne a partecipare a questo studio coordinato dal Policlinico Gemelli per riuscire, tutti insieme, a ridisegnare il futuro di questa neoplasia e delle 57mila donne che ne soffrono in Italia”.
Studio ENGOT CX11: un’opportunità per le pazienti con il tumore della cervice
Lo studio ENGOT CX11 è uno studio di fase 3 randomizzato ein doppio cieco, sull’impiego della chemio-radioterapia in combinazione o meno con il pembrolizumab (un farmaco immunoterapico)nel trattamento del cancro della cervice localmente avanzato ad alto rischio.980 donne verranno assegnate in maniera randomizzata al gruppo di trattamento con pembrolizumab o al gruppo di controllo (placebo), per 15 cicli complessivi di trattamento.
Endpoint principali dello studio sono la sopravvivenza globale a 3 anni e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 2 anni. Verranno inoltre valutati la risposta completa a 12 settimane, la tossicita’e la qualità di vita. Nel corso dello studio saranno infine analizzate componenti cellulari (proteine, DNA, RNA, metaboliti) e altre molecole circolanti al fine di individuare nuovi biomarcatoriin grado di generare informazioni utili per guidare la scelta del trattamento (singoli formaci o terapia di combinazione con l’immunoterapia).
Lo studio vedrà la partecipazione di 220 centri in tutto il mondo (73 in Europa di cui 10 italiani, 32 centri in America Latina, 49 Asia, 25 USA) che saranno coordinati a livello mondiale dal Gemelli. L’arruolamento è già iniziato e i risultati dovrebbero arrivare in tre anni.
“Questo studio – commenta la professoressa Lorusso – nato da una nostra idea, è stato accolto con grande interesse dalla comunità scientifica internazionale e un’azienda importante come la MSD che deciso di sostenerlo, investendoci una cifra ingente. I risultati di questo trial potrebbero cambiare uno standard di cura in piedi da più di 15 anni e che ha degli ovvi limiti. Riteniamo che l’immunoterapia possa funzionare nel tumore della cervice uterina molto più che in altri tumori ginecologici. Quindi se una donna si riconosce in questi criteri di inclusione o se un collega ha pazienti che rispettano questi criteri di inclusione lo preghiamo di inviarle al Gemelli o agli altri centri che aderiscono a questo studio perché per le pazienti questo rappresenta una grande opportunità di trattamento”.
a cura di: Maria Rita Montebelli